La bellezza dell’ambiente e dei paesaggi e l’importanza biologica ed ecologica di Capo Milazzo non si fermano alla sua parte emersa ma continuano sott’acqua. Si può dire anzi che al di sotto della superficie di un mare spesso limpido si celino le sorprese maggiori, le forme di vita più strane ed interessanti, i colori più forti, gli scenari più affascinanti.
Quanto importante sia l’ecosistema subacqueo del promontorio risulta evidente se si pensa che i fondali della costa tirrenica Siciliana tra Messina e Palermo sono prevalentemente costituiti da distese di sabbia e fango e solo in poche e limitate zone le caratteristiche morfologiche sono tali da fornire un habitat ottimale ad un gran numero di specie. Tra esse la più vasta e ricca di vita è Capo Milazzo.
Per descrivere i suoi fondali inizieremo dal versante di levante, uscendo dal porto e procedendo in direzione Nord, verso il Capo. Davanti al quartiere di Vaccarella inizia una vastissima prateria di posidonia, una pianta acquatica (da non confondere con le più comuni alghe) che ha grande importanza nell’equilibrio dell’ecosistema marino. Infatti quando la qualità dell’acqua subisce alterazioni qualitative la posidonia tende a scomparire.
La massiccia presenza del posidonieto, che da Vaccarella si estende praticamente senza interruzione fino al Tono, tranne, ovviamente dove il substrato diventa roccioso e quindi la pianta non riesce a fissarsi, è un buon indice di salute generale del mare di Milazzo.
Oltre che per questa peculiarità questo ambiente è importante per le molte specie che vi abitano, alcune delle quali caratteristiche, come il cavalluccio marino o il pesce ago, e per altre, come le menole o i tordi che vi depongono le uova.
Le posidonie iniziano appena sotto la superficie per fermarsi a circa 30 metri di profondità, dove il fondale diventa sabbioso e detritico.
Il fondo continua così fino a quella che sulle carte è indicata come Punta Rugno, ma che dai milazzesi viene chiamata Luigi Rizzo. Qui incontriamo per la prima volta nel nostro itinerario subacqueo la roccia, infatti i fondali antistanti la punta sono costituiti prevalentemente da scogli piccoli e grandi che dalla linea di costa franano lungo la ripida discesa del fondo. Ripidissima, anzi, perché a Punta Rugno il golfo di Milazzo forma una fossa e raggiunge le sue profondità maggiori.
A soli cento metri dalla riva ce ne sono altrettanti in verticale e la profondità aumenta proporzionalmente verso il largo. Le profondità marine sono tali che a Punta Rugno, nel 1991, si sono tenuti i Campionati Mondiali di immersioni con tentativi ad assetto costante e variabile senza e con zavorra, ripresi in diretta dalla RAI TV.
Superata la punta il fondale riacquista l’aspetto solito del posidonieto seguito dalla sabbia (qualche scoglio si trova solo nelle immediate vicinanze della linea di costa) fino a Punta Mazza.
Oltre mezzo chilometro fuori da questo piccolo promontorio di arenaria gialla il fondale, fino a quel punto di rocce miste a sabbia e posidonie, si alza per formare la secca di Levante, che da oltre 35 metri di profondità sale fino a una quindicina di metri dalla superficie.
E’ una zona interessata da forti correnti che trasportano cibo per tutti gli organismi che come le gorgonie o le spigne, crescono sulle pareti rocciose ed anche per una moltitudine di pesce azzurro che staziona intorno alla secca. Nella stessa corrente nuotano grandi e veloci predatori, tonni, ricciole, dentici, lucci di mare che si nutrono del pesce azzurro, chiudendo la catena alimentare.
Oltre la bellissima insenatura di Rinella, sotto gli strapiombi dominati dall’edificio del Faro, il fondale fino ad una decina di metri di profondità è formato da enormi massi che, nel corso dei millenni, si sono staccati dalla costa. Tra i massi si scorgono pesci tipici di questo ambiente, come saraghi, corvine, piccole cernie ed altri pesci di scoglio.
A largo di Punta Milazzese un’altra secca si innalza da profondità superiori ai 50 metri fino ad arrivare a solo 8 metri dalla superficie. E’ la Secca di Ponente, più piccola ed isolata di quella di Levante ma con un habitat e rigoglio di vita simile. A terra siamo giunti all’estremità di Capo Milazzo e, doppiata Punta Messinese, rientriamo in direzione della radice del promontorio; come è naturale che avvenga sulle punte che si protendono in mare, qui le correnti dominano incontrastate; la roccia uniforme che costituisce il fondale lo caratterizza fino a profondità anche elevate.
Una tale intensità di correnti significa anche cibo in abbondanza e quindi le pareti più esposte sono letteralmente tappezzate da miriadi di organismi di ogni tipo, tutti intenti a filtrare o a catturare per mezzo di appendici gli invisibili alimenti che il flusso dell’acqua serve loro a domicilio.
I più appariscenti tra questi organismi sono le gorgonie rosse, che qui raggiungono proporzioni eccezionali in dimensioni e quantità. I pesci sono sempre quelli dell’ambiente roccioso ai quali si aggiungono i pelagici ed i predatori.
Lasciandoci alle spalle il grosso scoglio detto ” il Carciofo”, la situazione si fa più tranquilla.
Siamo nella Baia di S.Antonio dai fondali bassi e monotoni. In prossimità della costa i piccoli scogli lasciano il posto alle posidonie già a cinque o sei metri di fondo e queste si estendono verso il largo formando una grande prateria che interessa tutta la baia, la cui profondità non supera i 30 metri.
Continuando a scendere verso Sud lungo il versante di ponente del promontorio il fondale è simile a quello di S.Antonio, con la sola differenza che gli scogli sottocosta si fanno più grandi.
Dalla Punta dell’Impiccato (punta o’Mpisu) fino alla Punta del Tono la parete rocciosa della costa cade verticalmente sul fondo detritico posto a 10 o 15 metri più in basso, più fuori le onnipresenti posidonie.
Una bella zona di roccia traforata da grandi grotte si estende davanti al ripetitori televisivi di Montetrino, formando una specie di secca fino a qualche anno fa’ popolata da grosse cernie.
Gli ultimi scogli del promontorio li troviamo alla Punta del Tono.